Limiti al pignoramento di pensioni e di stipendi accreditati su conto corrente
Chi è in possesso di un titolo esecutivo (sentenza, cambiale o altro titolo di credito, atto ricevuto da notaio o altro P.U.) per un diritto certo, liquido ed esigibile, spedito in forma esecutiva e notificato in uno con il precetto, può promuovere azione esecutiva per il suo ottenimento.
L’espropriazione forzata inizia con il pignoramento (art. 491 c.p.c.). Nella particolare forma dell’espropriazione presso terzi (artt. 543 e ss. c.p.c) il pignoramento ha ad oggetto crediti del debitore verso terzi, o cose del debitore in possesso di terzi. Vi sono però dei limiti!
Il D.L. n. 83 del 2015, convertito con modifiche in L. 6 agosto 2015 n. 132 ha apportato delle modifiche agli artt. 545 e 546 c.p.c, introducendo sostanziali novità in tema di pignoramento di pensioni e stipendi.
L’intervento legislativo, prendendo come parametro l’assegno sociale, ha stabilito da un lato la quota di pensione assolutamente non pignorabile e dall’altro la soglia di impignorabilità di stipendi e/o pensioni accreditate sul conto corrente.
L’ammontare dell’assegno sociale (pari ad € 448,07 per tredici mensilità), assunto a fondamento della riforma, individua la parte di pensione o di stipendio necessario ad assicurare al percettore i mezzi adeguati alle sue esigenze di vita.
Così, per quanto concerne il pignoramento della pensione, il 7° comma dell’art. 545 c.p.c. stabilisce che “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione … non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima dell’assegno sociale aumentato della metà. La parte eccedente è pignorabile nei limiti del 3°, 4° e 5° comma…” e quindi sostanzialmente nei limiti di un quinto. Dal dettato normativo consegue, quindi, che la parte di pensione equivalente ad una volta e mezza l’assegno sociale (e quindi pari ad € 672,07) sarà assolutamente impignorabile, mentre la quota residua sarà pignorabile nei limiti di un quinto.
Per quanto concerne invece il pignoramento di stipendi e pensioni accreditati su conto correntebancario o postale – che prima della riforma poteva essere di un quinto sulla somma ancora da percepire dal datore di lavoro o dall’Inps, ovvero l’intera somma già percepita e depositata sul conto corrente e ciò in forza all’orientamento giurisprudenziale prevalente secondo il quale le somme una volta percepite dal debitore ed affluite nel suo conto corrente perdono la loro originaria qualificazione, entrando a far parte del suo intero patrimonio nel quale si confondeno – l’8° comma dell’art. 545 c.p.c opera un distinguo:
– se le somme sono state accreditate in data antecedente al pignoramento potranno essere pignorate per l’importo accedente il triplo dell’assegno sociale;
– in caso di accredito avvenuto alla stessa data del pignoramento o successivamente, le somme potranno essere pignorate nei limiti previsti dal 3°, 4°, 5° e 7° comma dell’art. 545 c.p.c, e quindi sostanzialmente per un quinto degli stessi, con la specificazione, per le pensioni, del limite di impignorabilità sopra richiamato. Questa norma rende evidente che il pignoramento estende i suoi effetti anche alle somme che dovessero venir accreditate sul conto corrente, a titolo di stipendio o pensione, nel corso della procedura, e quindi che possono essere assoggettati a pignoramento crediti non ancora sorti al momento della notificazione dell’atto di pignoramento.
Qualora il creditore agisca in violazione dei nuovi limiti, pignorando somme eccedenti quelle stabilite, il pignoramento per queste ultime dovrà ritenersi inefficace. Questa parziale inefficacia potrà essere rilevata anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione.
In conclusione: a differenza di quanto ancora qualcuno pensa, il fatto che un soggetto sia percettore di stipendio e/o pensione non comporta, per ciò solo, che detto importo possa essere sottoposto a pignoramento, stante la presenza dei limiti di pignorabilità sopra ricordati che potrebbero vanificare, in tutto o in parte, il tentativo di recupero coattivo del credito.