Nuovi criteri di liquidazione a seguito della sentenza a S.U. n. 18287 del 11.07.2018
Con riferimento ai criteri da valutare ai fini della liquidazione dell’assegno di divorzio, la Corte di Cassazione, a sezioni unite, n. 18287/18 è intervenuta per dirimere i contrasti sorti a seguito della pubblicazione della sentenza n. 11504/2017 che aveva modificato un trentennale orientamento giurisprudenziale in materia, inaugurato con la sentenza a S.U. n. 11490/90. Le SS.UU. 2018 prima di risolvere il conflitto ha fatto una ricostruzione ermeneutica sia della normativa di riferimento (art. 5 co. 6 L. 898/70 e successiva modifica ad opera della L. 74/87) sia degli orientamenti giurisprudenziali succedutesi. Le S.U. 2018 hanno evidenziato come già la lettura dell’art. 5 co. 6, nella sua formulazione originaria poteva dar luogo ad interpretazioni diverse; valorizzando la distinzione di significato tra le varie espressioni emergeva, sul piano testuale, una distinzione tra criteri attributivi (le condizioni economiche dei coniugi – profilo assistenziale; le ragioni della decisione – profilo risarcitorio) e determinativi (contributo personale ed economico data da ciascuno dei coniugi – profilo compensativo).
Le SS.UU. 2018 hanno poi ricordato come inizialmente dottrina e giurisprudenza avevano ritenuto che l’assegno di divorzio avesse una natura mista, senza alcuna diversificazione e graduazione tra i criteri attributivi e determinati (Cass. S.U. n.1195/74; n.1633/75) di cui ne veniva evidenziata la equiordinazione.
Nella giurisprudenza immediatamente successiva, escluso che l’assegno di divorzio avesse carattere alimentare (Cass. n.256/75) il criterio assistenziale assunse una funzione perequativa delle condizioni di “squilibrio ingiusto” (Cass. n.660/77) che “può determinarsi in relazione alla situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi a causa dello scioglimento del vincolo, in particolare quando la disparità di condizioni si giustifica in funzione di scelte endofamiliari comuni che hanno prodotto una diversificazione di ruoli tra i due coniugi”. Negli orientamenti degli anni ’70 il profilo strettamente assistenziale si contaminava con quello compensativo, soprattutto in relazione alla durata del matrimonio, Negli anni ’80 l’assegno di divorzio si caratterizzò sempre più come strumento perequativo della situazione di squilibrio “ingiusto” non in senso astratto ma concreto. Dopo la novella dell’art. 5 co. 6 L. 898/70 ad opera dell’art. 10 L 74/87 ed i contrasti giurisprudenziali formatisi interviene la Cassazione, a sezioni unite, n. 11490/90 che darà vita ad un orientamento rimasto fermo per un trentennio, fino al mutamento introdotto dalla Cassazione nel 2017 con la sentenza n. 11504.
La sentenza 11490/90 affermò che l’assegno di divorzio aveva carattere esclusivamente assistenziale dato che il presupposto per la sua concessione doveva essere rinvenuto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza degli stessi. Chiariva, inoltre, che non era necessario l’accertamento di uno stato di bisogno, assumendo rilievo, invece, l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche che devono essere ripristinate per ristabilire un certo equilibrio.
A questo orientamento si è contrapposto quello della sentenza n. 11504 del 2017 che ha individuato come parametro dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante quello della sua non autosufficienza economica. Anche in questo caso all’assegno viene riconosciuta natura giuridica strettamente ed esclusivamente assistenziale, rigidamente ancorato ad una condizione di mancanza di autonomia economica.
La sentenza a SU 18287/18 interviene ritenendo di dover superare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio alla luce di una interpretazione dell’art. 5, co. 6 più coerente con il quadro costituzionale di riferimento, costituito dagli artt. 2, 3 e 29 Cost.
A detta della sentenza 18287/18 l’art. co. 6 attribuisce all’assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all’ex coniuge il diritto all’assegno quando non abbia mezzi “adeguati” e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Il parametro dell’adeguatezza ha tuttavia carattere intrisecamente relativo e impone una valutazione comparativa che si fondi sui criteri indicati nell’incipit dell’art. 5 co. 6, interpretati in maniera diversa rispetto al passato. Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell’incipit conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell’adeguatezza dei mezzi e dell’incapacità a procurarseli per ragioni oggettive, fondata sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche attraverso i poteri istruttori officiosi attribuiti al giudice. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5 co. 6 al fine di accertare se l’eventuale rilevante disparità di trattamento della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente da scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio di aspettative professionali e reddituali di una delle parti, in funzione di assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all’età del coniuge richiedente e alla conformazione del mercato del lavoro.
Specifica ancora la sentenza che il richiamo all’attualità deve dirigersi verso la preminenza della funzione equilibratrice – perequativa dell’assegno di divorzio; il principio di solidarietà, posto a base del riconoscimento del diritto, impone che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi ed all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive sia saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli endofamiliari. L’accertamento del giudice è dettato dalla norma regolatrice del diritto all’assegno (art. 5 co.6) che conferisce rilievo alle scelte ed ai ruoli sulla base dei quali si è impostata la relazione coniugale e la vita familiare. Quindi il compito assegnato al giudice sarà quello di accertare se lo squilibrio economico patrimoniale dei coniugi sia causalmente riconducibile alle determinazioni dei coniugi ed ai ruoli endofamiliari (sacrifici di aspettative professionali e reddituali per assumere un ruolo prevalente o esclusivo all’interno della famiglia con conseguente contributo alla formazione di un patrimonio comune o a quello dell’altro coniuge) in relazione alla durata del matrimonio ed età del richiedente. Nell’ambito delle determinazioni dei coniugi e del ruolo endofamiliari non si potrà non considerare che l’impegno all’interno della famiglia può condurre all’esclusione o limitazione di quello diretto alla costituzione di un percorso professionale o reddituale
Lo squilibrio economico creato dal divorzio e la situazione economico patrimoniale del richiedente costituiscono, pertanto, il fondamento della valutazione di adeguatezza rapportata alle cause che l’hanno prodotta, desunte in base ad una valutazione integrata degli indicatori contenuti nell’incipit dell’art. 5 co. 6, e non solo da alcuni di essi.
La funzione equilibratrice dell’assegno di divorzio sarà così finalizzata a riconoscere il ruolo e il contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole, e non già a ricostruire il tenore di vita endofamiliare.

Risvolti pratici. i criteri di valutazione indicati dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite 18287/18, dovrebbero portare alla conseguenza che ogni singolo matrimonio dovrà essere individualmente analizato dal tribunale, caso per caso, non potendosi più operare generalizzazioni e/o astratte equiparazioni. Il criterio di valutazione proposto dalle SS.UU., inoltre renderà necessario un più rigoroso accertamento probatorio del rilievo causale degli indicatori dell’art. 5 co.6 sulla sperequazione creatasi, al fine di riconoscere il ruolo ed il contributo endofamiliare dell’ex coniuge economicamente più debole.