Cosa bisogna dimostrare per ottenerne il riconoscimento e a chi spetta l’onere della prova?

La Corte di Cassazione, Sez. I civ., con recente sentenza n. 275 del 10.01.2017, ha avuto modo di richiamare e ribadire due principi che, con riferimento al riconoscimento dell’assegno di divorzio al coniuge richiedente, dovrebbero sottostare ad ogni decisione, ossia:

1) che il richiedente non abbia redditi adeguati e non sia in grado di procurarseli per ragioni obiettive;

2) che il criterio della durata del matrimonio attiene ad un momento successivo al riconoscimento, ovvero quello della quantificazione.

Il primo requisito richiamato presuppone che il richiedente l’assegno non abbia alcuna fonte di reddito (non solo da lavoro) e non sia in grado di procurarselo per ragioni oggettive. Quest’ultima specificazione pone l’attenzione sulla condotta del richiedente e sulla sua sfera soggettiva; non potranno, pertanto, costituire ragioni oggettive l’inerzia, l’apatia, l’indifferenza del coniuge richiedente nell’attivarsi a cercare un lavoro.

L’onere della prova di un tanto, ossia dello stato di difficoltà economica e dell’impossibilità a procurarsi un reddito, requisiti necessari per poter ottenere l’assegno divorzile, con sentenza della Cassazione sotto certi profili innovativa (Cass. sez. I, 09.06.2015, n. 11870), è stato posto a carico del richiedente, laddove in precedenza veniva riconosciuto il più delle volte in maniera pressoché automatica per il solo fatto dell’intervenuta separazione tra i coniugi, ovvero a seguito di indagini esperite d’ufficio dal Tribunale a mezzo Polizia Tributaria; questo sempre che il soggetto potenzialmente onerato al mantenimento non fosse riuscito a fornire prova dell’attitudine al lavoro – intesa come capacità di guadagno – dell’ex coniuge, sì da poter ricondurre lo stato di bisogno di quest’ultimo esclusivamente all’inerzia ingiustificata del soggetto richiedente nel ricercarsi un’attività lavorativa. Tal prova il potenziale onerato può fornirla, ad esempio, con la dimostrazione che il richiedente l’assegno ha rifiutato ingiustificatamente delle offerte di lavoro ben specificate.

Il requisito dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente deve poi essere raffrontato con “il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio” la cui prova ricade anch’essa sul richiedente l’assegno. Combinando questi due requisiti (difficolta economica e impossibilità a procurarsi un reddito da un lato e tenore di vita goduto in costanza di matrimonio dall’altro), la cui prova ricade sul richiedente l’assegno, la Cassazione (sent, 11870/15 cit.) è giunta ad affermare che una donna giovane in grado di lavorare non ha diritto ad alcun mantenimento potendo reperire con la propria attività quel reddito necessario per mantenere il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, e ciò soprattutto raffrontando il tutto alla scarsa capacità patrimoniale dell’altro coniuge.

L’altro requisito menzionato, la durata del matrimonio, appartiene ad un momento successivo il riconoscimento dell’assegno, ossia alla sua quantificazione una volta accertata l’inadeguatezza dei redditi del richiedente. Sotto il profilo della durata il Tribunale dovrà tener conto anche della convivenza pre-matrimoniale oltre che di quella matrimoniale prima della rottura.

Risvolti pratici. Ai fini del riconoscimento e determinazione dell’assegno divorzile, previa una rigorosa dimostrazione dei presupposti sopra richiamati (difficoltà economica, impossibilità oggettiva a procurarsi un reddito, tenore di vita goduto in costanza matrimonio) a cura del richiedente, sempre più dovrà porsi l’attenzione, in futuro, anche alla capacità reddituale del coniuge richiedente l’assegno, sia esso uomo o donna, e quindi della sua abilità al lavoro, la sua capacità di procurarsi autonomamente di che vivere perché ad esempio giovane o professionalmente preparato, e un tanto sempre rapportato alla capacità patrimoniale dell’altro coniuge.